mercoledì 27 agosto 2008

L'AUTOREVOLEZZA DEI ROCKERS: DALLO STILE TEDDY BOYS ALLA CONTRAPPOSIZIONE MODS.


“Certo eravamo giovani, eravamo arroganti,
eravamo eccessivi, eravam
o avventati…
Ma avevamo ragione!”
Abbie Hoffman.



L’ Inghilterra è la patria di molte avanguardie culturali giovanili del secolo, spesso non considerate dalla cultura accademica ufficiale che le ha sempre valutate, talvolta con disprezzo, come delle sotto o addirittura delle subculture: dai Rockers alla Beat Generation, dai mods, punks
e più recentemente ai biker e skinhead. Dovunque, comunque, spesso c'era la moto e il giubbotto nero in pelle a esprimere il filo conduttore di una protesta. I Rockers, che provenivano in genere dalla piccola borghesia e dal proletariato, erano contro i luoghi comuni dell'idea sazia, immutabile e benestante del potere espresso dai ceti dell'alta borghesia, ma vennero rinnegati dalla controcultura ufficiale perché refrattari a qualsiasi forma d'inquadramento e di gestione ideologica. Tra Rockers non v'era distinzione sociale, tra ricco e povero, tra istruito ed ignorante: contava solo chi fosse il più veloce. Quell'ambiente, dove gli handicap sociali erano azzerati, costituiva un ottimo terreno di rivincita per i giovani della classe operaia tracciando un solco indelebile, quasi a lasciare un'eredità.E' una storia fondamentalmente metropolitana, che nasce inizialmente nelle grandi città inglesi a testimoniare il disagio sempre crescente dei giovani, e la loro avversità verso un mondo che tentava di ricomporsi. I principali luoghi deputati nei quali comincia la storia, sono l'Ace Cafè e il Club 59 di Londra; il lungo mare Madeira Drive con il Palace Pier a Brighton, una cittadina che si affaccia a sud di Londra proprio sulla Manica. Vicino e facilmente raggiungibile, negli anni Sessanta dove non esistevano ancora larghe possibilità economiche che potessero favorire grandi spostamenti, era la meta dei fine settimana dei Rokers londinesi. Sulla scia di questi santuari, nacquero in ogni contea, città o paese, bar e luoghi d'incontro dove si propagò il verbo. In tutta l'Europa del nord, i rockers erano una solida realtà motociclistica. Nei primi anni Sessanta, l'Ace Cafè divenne molto popolare presso i motociclisti e in breve si trasformò nel principale punto di riferimento di Londra, della più grande città europea.Il filo conduttore era la "musica del diavolo", il Rock'and'Roll. I musicisti inglesi ammiravano molto i loro contemporanei americani, ma in quanto alle moto, quelle "Made in England" non erano seconde a nessuno. Il Rock era propagato attraverso la radio e nei bar con i jukebox, e in quella atmosfera si svilupparono i "Rockers" e i "Ton-Up-Boys". Quest'ultimi erano rockers che infrangevano sulla Old Circular Road i 160 km/h e la leggenda narra che era un classico infilare la moneta nel jukebox e partire per un percorso programmato che attraversava il Tamigi per poi ritornare all'Ace Cafè, tassativamente prima che il disco nel jukebox, finisse. Le origini di questo movimento proletario, associabile più a uno stile di vita che a un fenomeno di moda, antesignano della contestazione giovanile, si ricollega alla California del dopoguerra . Precisamente a Holister, dove nel '47 un gruppo di teppisti diventa il terrore del villaggio, scorrazzando in formazione su motociclette di grossa cilindrata e aizzando risse che culminano nella distruzione dei locali pubblici. La scelta di questo mezzo di locomozione esprimeva il rifiuto dell'automobile: sogno dell'americano medio in quel primissimo dopoguerra. E, se negli Stati Uniti ispira gli Hell's Angels , in Inghilterra fomenta la costituzione dei primi nuclei rockers. A scatenarli saranno proprio il film “Blackboard Jungle” di Bill Haley con il mix di musica race, country e hilly billy dal titolo ‘Rock Around the Clock’: vera e propria bandiera musicale del movimento in simbiosi con la motocicletta. All'energico ritmo del brano di Bill Haley che resterà in classifica cinque mesi vendendo ventidue milioni di dischi, i branchi di rockers si riuniscono e si moltiplicano soprattutto nelle contee dei distretti minerari a nord di Londra, dove, in una coincidenza geografico-culturale, prosperano le industrie motociclistiche. Prima fra tutte la Bsa di Birmingham alla quale successivamente verrà dedicata la copertina del disco dei Rolling Stones, Rock'n'rolling.I rockers tutto sommato discendono direttamente dai teddy boys degli anni cinquanta da cui ereditano il diritto di essere giovani, a esprimere fino in fondo un mondo proprio. I rockers palesano una stretta affinità con la classe operaia in maniera più immediata e hanno caratteristiche più sfumate anche perché non hanno avuto nessuna canonizzazione successiva da parte di altri ragazzi emuli di stili giovanili del passato. Ma i Teddy boys, giovani delle classi proletarie, la prima di quelle subculture giovanili che apparirono in Inghilterra nei primissimi anni Cinquanta, elaborarono in modo nuovo una serie di simboli di appartenenza e di comportamenti. Incominciarono a vestire secondo lo stile ‘edoardiano’ lanciato dai grandi sarti di Savile Row alla fine degli anni Quaranta.

I teddy boys adottarono questo abbigliamento altoborghese, piuttosto tendente al dandismo – costituito in sostanza da giacche 3\4 con le maniche ampie e lunghe fino alla punta delle dita , panciotti alla dandy e da calzoni stretti a tubo, e camicie bianche senza colletto. Poco alla volta vi introdussero delle modifiche, sostituirono alcuni dettagli contaminando lo stile edoardiano con simboli e suggestioni presi in prestito altrove: ad esempio dai film gangster-americani o dall’abbigliamento delle nascenti rock stars attraverso un attento “bricolage” portandolo all’estremo: scarpe con suole di para e cravattini sottili di pelle a stringa oppure legati a fiocco. Successivamente il laccio al collo veniva chiuso da dei medaglioni raffiguranti teschi, aquile, dollari, ecc.
Lo stile ted verrà anche ripreso nella metà degli anni Settanta dai cosiddetti “rockabillies”, diversi nel modo di vestire, ma con molta cura del proprio look. L’abbigliamento, le pettinature, i modi di gesticolare, discendono in modo diretto del rock'n roll. Essere rockability è un etichetta che si presta a differenti usi: un gioco, la voglia di essere notati dalla gente, un modo per dichiarare la propria diversità.
L’abbigliamento è importante, poiché il rockabilly è un gran narcisista. Il termine che veniva usato di più per distinguerli era “Cat” e che per definizione vuol dire “il più figo” sempre perfettamente in ordine, tirato a lucido per essere il migliore. La maggior parte si ispirarono al look di Marlon Brando nel film “The Wild One”: T-shirt, jeans a sigaretta, giubbotti in pelle nera, il famosissimo chiodo; oppure si ispirano al modello “Happy Days” stile Fonzie del telefilm americano: giubbotto stile “collage americano”, con inserzioni di pelle o panno sulle spalle, maniche bicolori e scritte sulla schiena o al petto indossati sopra a camice anni Cinquanta in tinte molto vivaci o vistosi quadrettoni, mentre ai piedi stivaletti di pelle nera un pò a punta. In realtà, è più verosimile che i rockers inglesi, nella loro caratterizzazione dei primi anni sessanta, rappresentino un’evoluzione del culto dei teddy (quelli veri): strenui appassionati di un rock’n’roll in fase di avanzata decomposizione, hanno rimpiazzato le giacche edwardiane di un tempo in favore di giacche e pantaloni di cuoio nero, e gli stivaloni da motociclista. Restano i vecchi ciuffoni imbrillantinati a calare sulla fronte, e si impone definitivamente un feticcio amato e coccolato come se fosse un’estensione del proprio corpo: la motocicletta. E’ il mondo di Marlon Brando e della sua banda di ribelli, del suono classico del rock’n’roll di Elvis Presley e di Gene Vincent: un mondo in cui i teenegers maschi devono essere forti, coraggiosi e uniti da sacri concetti quali l’amicizia, il rispetto reciproco e il patriottismo; e le ragazze sono relegate al consueto ruolo di compagne affidabili e fedeli al proprio uomo, meglio, naturalmente se posizionate sul sellino posteriore della moto. Un mondo dove, se è ammesso bere birra in quantità al pub, gli stupefacenti sono severamente proibiti, quale espressione di una società che si va corrompendo sempre più: l’unica vera droga che i rockers si concedono sono le loro folli corse in moto a tutto gas, che esaltano i sensi e danno una sensazione di invincibilità.Motociclisti che venivano chiamati "Rockers", perchè figli della musica Rock'and'Roll, ma anche perchè duri e determinati come la roccia, anche se inguaribili romantici. I Rockers si dinoccolavano, in un atteggiamento caratteristico, fatto di pose, posture, appoggiati su un fianco, con la testa reclinata da un lato e le mani con i pollici nelle tasche dei jeans, a dondolarsi. Era come se ballassero, sempre. Amavano la moto, che era il loro cavallo d'acciaio, il destriero inseparabile, compagno di ogni avventura. E sì, perchè i Rockers, amavano l'avventura, in moto e preferibilmente in gruppo. Il desiderio di muoversi in moto rispecchia la necessità di avere un abbigliamento adatto a questa esigenza. Dopo tutto per questioni di comodità il rocker non era certo un tipo elegante.Come i teddy-boys con i quali si identificavano, i rockers scelgono i capelli gonfi in alto e imbrillantinati, ma soprattutto adottano giubbotti di pelle nera a doppio petto con reveres della Lewis Leather's oppure Aviakit e Perfecto: la loro tenuta ideale, buona per ogni stagione e per qualsiasi tempo atmosferico. Sul giubbotto vengono applicate gli stemmi dei vari club di cui si è amici, i marchi di produzione delle moto o delle varie gare disseminati da borchie cromate e pins. I pantaloni erano in pelle nera o jeans- Submariner- macchiati e sdruciti da proletariato dentro gli stivali alti -Spitfire, e Classic Ace- e sporchi da esibire provocatoriamente, incrociando i piedi sui tavoli con calzettoni bianchi rigirati in fuori insieme agli occhiali da moto e il casco da portare sempre con sé: ogni pezzo dell’abbigliamento contribuiscono all’immagine dei ragazzi che sono principalmente dei patiti motociclisti. Spesso portavano anche un cappellino in pelle chiamato Kagneys con il fazzoletto annodato al collo da alzare sul viso per proteggersi dalla polvere o dal vento, alla stregua dei banditi adottato essenzialmente per esprimere e rappresentare un senso di sfida. E per finire i guanti di pelle che coprivano le maniche per prevenire che le ondate di aria entrassero nelle loro “armature”.
Erano tipi alla Jeames Dean, alla Marlon Brando, figli in tutto della "gioventù bruciata" del loro tempo, degli anni Cinquanta. I Rockers erano motociclisti da bar, che amavano ascoltare musica con le loro ragazze, correre in moto, e poi fermarsi al caffè per guardarle e contemplarle, comodamente seduti dietro un tavolino con un drink in mano.
Da una parte i Rockers hanno rappresentato l'aspetto europeo della dimensione del ribelle, mentre sotto l'aspetto motociclistico, le loro scelte (special e Cafè Racer) erano assolutamente soggettive e individuali, tendenti a modificare in termini personali, a secondo dei propri gusti, la propria motocicletta.
Questi giovani rockers vivevano per il presente di un immagine trasandata, mascolina, da “bad boy”, da cattivi ragazzi. Sostanzialmente provenivano dalla working class e ripudiavano ogni forma di moda: infatti questo movimento è associabile più a uno stile di vita che a un fenomeno di moda. Johnny Stuart, rockers, che per molti anni ha scritto un libro sulla vita dei rockers degli anni sessanta, afferma:“Che cos’è che fa l’identità di un rocker? Le opinioni possono essere differenti, ma devi andare su una moto, essere inglese; su questo non si discute e devi correre. Veloce.”I rockers si presentavano come dei giovani con uno stile proprio vivendo secondo una filosofia che poteva riassumersi in "Moto e Rock'n'Roll"; era un vero eroe ribelle, avverso alla conformità.
Nella moda, nell’inseguire le tendenze del momento, ci vedevano una sorta di debolezza e “femminilità” del carattere. Questi motociclisti sono piuttosto alla ricerca di una supposta autenticità dell’esistenza, con la violenza e i pericoli che una vita ‘naturale’ presuppone e che la moto esalta. Loro amano tutto ciò che può essere interpretato come uno stile naturale come ad esempio gli abiti sporchi di fango, i vestiti di pelle o fatti con il cotone grezzo dei blue jeans; hanno un andatura e un modo di ballare rozzo, poco artefatto. Nessun stile ricercato fa parte del loro modo di comportarsi e di pensare. I rockers sostanzialmente hanno valori conservatori e maschili: amano sporcarsi le mani con i motori, condividono una passione per le moto all’interno di un universo quasi esclusivamente maschile, e si vantano anche di avere molte donne. In realtà le ragazze non sempre sono interessate a loro, da una parte perché sono ancora tradizionalmente escluse da un mondo tutto incentrato sulle moto, dall’altro perché le giovani della classe operaia non sono sedotte da un modo rude di vivere, che non lascia sperare in nessuna promozione sociale.
Con sintomatica contemporaneità, a questi moti di ribellione fanno eco in Europa quelli dei Blouson Noirs francesi, degli Halbstarken tedeschi . Ma il denominatore comune, che fonde tante energie contestatrici in un movimento di portata internazionale, è il film The Wild One (Il Selvaggio) per la regia di Laslo Benedek. Il protagonista, Marlon Brando, capo di una banda di ribelli, diventa subito icona dell'opposizione giovanile che attacca l'establishment con comportamenti al limite del teppismo consacrando il mito del giubbotto nero di pelle.
Verso la metà degli anni Sessanta l'avvento dello stile di Carnaby Street e della Swining London, il dilagare dei Beatles, degli Who, della cultura di "Tommy" e di "Quadrophenia" segnò l'avvento dei Mods e di una nuova era. Una generazione diversa, che preferiva lo scooter, possibilmente italiano come la Lambretta o la Vespa; una gioventù dai connotati modernisti, inteso come stile di vita e insieme di regole da seguire quotidianamente (gran parte dedicate alla cura del proprio look) e la predisposizione verso tutto ciò che si rileva nuovo e insolito. Gli appartenenti a questo gruppo svilupparono uno stile nel vestire sobrio, raramente sgargiante e fortemente elegante fino all'ultimo dettaglio, ispirato all'Ivy League look, ovvero al modo di vestire nelle più prestigiose università americane: camicie botton-down, giacche tre bottoni con reveres stretti, pantaloni senza pences, cravattini fini, mocassini o brogues. Polo, maglie, scarpe, scooters, tagli di capelli erano tutti mezzi per creare il cosiddetto "total look", ovvero un'immagine nel complesso coerente ed elegante, del tutto distinta al modo di vestire della massa omologata, ma non per questo sgargiante o di cattivo gusto. La filosofia mod era di prendere il meglio che la società offriva, non per seguire passivamente una moda, ma per puntare alla continua ricerca di una perfezione estetica individuale (ma non solo estetica, anche comportamentale).

I mod non vivevano soltanto dentro a un completo sartoriale, ma possedevano anche loro uno stile casual davvero unico. L’indumento principe era la polo a maniche corte o lunghe della Fred Perry, originalmente create per il tennis ma subita adottata dai mod per i colletti con chiusura tre bottoni ornati da strisce parallele colorate e per il simbolo del piccolo alloro sul petto sinistro. Questa veniva spesso indossata sui jeans Levi’s con lo scopo di rendere elegante anche un look casual. Addirittura, la polo poteva sostituire la camicia sotto il completo, creando uno stile nuovo e che in seguito apparirà sui cataloghi di moda di tutto il mondo.
Al tempo stesso faceva il suo ingresso nel look modernista l’uso del parka, impermeabile militare verde, inizialmente indossato per proteggere l’abito elegante durante i viaggi sulla lambretta o la vespa, ma dopo il 1964 diventò segno distintivo mod. In più troviamo anche quello dell’Harrington, giacchetto corto con chiusura lampo foderato all’ interno in lana a fantasie scozzesi ( questo modello fu indossato da uno dei protagonisti di una serie americana, ma la differenza è che era in pelle).
“C’era qualcosa nel modo in cui si muovevano che gli adulti sarebbero stati incapaci a compiere” nota Dave Laing, “qualche particolare inafferrabile, come un gambale lucido, una marca di sigarette, una maniera di farsi il nodo alla cravatta, che sembrava stranamente fuori luogo.”
Lo stile cool dei mod si rivelava al tempo stesso una lieve forma di narcisismo e una scelta dettata dalla necessità di distinguersi da altre gang giovanili dello stesso periodo, soprattutto negli indumenti provenienti esclusivamente dagli USA o dal continente europeo, qualcosa insomma di non direttamente acquistabile in Inghilterra: scarpe, nylon, e i dettagli dei completi a tre bottoni all’inizio; il trucco (non solo femminile) e lo scooter in seguito. Queste erano le armi usate dai mod per evitare la contaminazione con i gusti dei teenagers loro contemporanei come i teddy boys, i beatnik, e più tardi gli eterni “nemici” rockers.
La contrapposizione che si venne ad insinuare tra rockers e mods era fondata fondamentalmente sul fattore del gusto considerati dai giovani mods diversi e troppo lontani da quell'ideale di stile (estetico e comportamentale) a cui loro tendevano.
I mods ritenevano lo stile dei rocker qualcosa di vecchio, non sopportavano la loro rudezza, il loro costante uso di brillantina, responsabile di un look sporco e repellente. Viceversa ai rockers non piaceva la cura di un look pulito e netto dei mods, accusati di essere troppo narcisisti ed effeminati.
Il profilo elegante del taglio alla francese dei mod, contrastava con la brillantina dei rockers, qualcosa di più apertamente maschile.
I Mods e i Rockers, infatti, sono bande giovanili che vivono e si vestono in modo estremamente differente tra loro. I Mods, pur essendo in gran parte composti da giovani studenti e operai, arrivano da zone dove si respira un clima di benessere piccolo borghese, soprattutto da Londra e dal meridione dell’Inghilterra. Amano la “pillola blu”, come viene chiamata in gergo l'amfetamina e sono vestiti in modo inappuntabile con parka, giacche di velluto a coste, camicie e pantaloni larghi. La cura dell'abbigliamento si accompagna a una ostentata cura della persona, con capelli corti o moderatamente lunghi e ben curati. Si muovono in gruppo guidando scooter, soprattutto Vespe e Lambrette, personalizzate con un numero incredibile di fari. Detestano il vecchio rock and roll, al quale preferiscono il soul della Motown e il rhythm and blues. Tra i gruppi britannici preferiti dai Mods ci sono gli Who e gli Small Faces, per il loro rock accelerato e anfetaminico. I Rockers, invece, provengono dai quartieri poveri della capitale e dall'Inghilterra settentrionale. Girano su rumorose e antiquate motociclette, hanno i capelli lunghi e incolti o corti e impomatati di brillantina, indossando jeans con giubbotti di pelle. Amano il rock and roll delle origini, i Kinks di You really got me e, soprattutto, i Beatles che, come scrive il cantante e giornalista Mick Farren e da gran parte dei mods, venivano considerati «sporchi rocker di un rumoroso porto industriale».
Johnny Stuart, il leggendario rockers afferma riguardo ai mods:
“La moda mod cambiava come il tempo…per loro lo stile era tutto. Lo stile non è sotto la pressione del cambiamento per amore della novità; l’importante è piuttosto trovare uno stile che funziona.. La loro musica mancava di eccitazione e i loro scooter sembravano uno scherzo! Potevi avere più soddisfazione a passare cinque minuti con l’asciugacapelli.”
Malgrado l’odio o comunque la contrapposizione di stile tra mods e rockers, non sempre le opposizioni sono così radicali: tanto che tra le varie bande che sorgono in questo periodo, ci sono anche i “mockers” termine che deriva dall’unione dei termini mods e rockers. Sono gli stessi ragazzi che usano il look dei rockers per vestire, con gli stessi giubbotti ma in nailon, non in pelle, e il taglio di capelli dei mods. I mods e soprattutto i rockers sarebbero stati un fenomeno di costume marginale se non fossero stati entrambi protagonisti di alcuni fatti di cronaca che li rendono famosi, anche in Italia. Il primo tra questi è del 1964 quando un piccolo incidente tra mods e rockers scombussola una tranquilla cittadina balneare, Clacson e successivamente quelli di Bringhton. Questi non erano solo scontri ideologici, ma erano sopratutto generazione.

“Da un po’ di tempo non si assisteva in Inghilterra a un esplosione di teppismo giovanile di queste proporzioni: si credeva che allo sfogo disordinato della gioventù bastassero ora le urla dei Beatles."
Nel momento in cui i mods e i rockers cominciavano a crescere in un numero sempre più elevato, i media iniziarono a seguire le loro vicende- ­grazie alle prime foto su giornali e tabloid inglesi, che testimoniavano la massiccia presenza dei mods nei lunghi weekend di Brighton e agli strilli in prima pagina sulle risse con i rockers- esagerando anche delle loro azioni in modo da sviluppare nell’opinione pubblica un’ immagine di cattiva reputazione. La società etichettizzò queste bande come dei criminali per piccoli atti di devianza come ad esempio dormire sulla spiaggia oppure andando a tutta velocità sulle loro motociclette.
I persistenti servizi della stampa e dei media crearono così una divisione acuta tra i due gruppi, che prima di ciò non esisteva affatto alcuna rivalità. Attraverso la distorsione dei media e manipolazione dell'evento, la rivalità fu amplificata dal panico morale creato dal pubblico. Ovvero dei servizi esagerati riportati dai media in modo tale da dare un’immagine alquanto negativa fatta di teppisti e criminali, oltraggiando i loro comportamenti.
Le cattive reputazioni acquisite aggiunsero solamente rabbia e disprezzo nei mods e nei rockers nei confronti della società.
Loro malgrado, i rockers diventeranno un classico della rivolta giovanile, citato dal movimento punk degli anni Settanta, dall'heavy metal e dall'hard rock degli Ottanta. Nel decennio successivo, ispirano la collezione uomo, autunno-inverno '94-‘95, di Dolce&Gabbana dedicata a Marlon Brando e ai Rebels.

I rockers restano, soprattutto, il primo storico esempio di come la ribellione giovanile possa trasformarsi in straordinaria fonte di guadagni per l'industria che cavalca i consumi contestatori delle nuove generazioni.

Marlon Brando, icona rockers, in una scena del leggendario film "The Wild One".

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