mercoledì 27 agosto 2008

CORPI NUDI: TRA MODA E ROCK.

Gabbie toraciche ansimanti su quasi tutti i palchi: rock, pop, metal, punk, techno, carichi di messaggi, truccati o tatuati, petti nudi dai palchi minimal come quelli glam alle console techno…
Simbolo del rock e della sua idea di trasgressione, il petto nudo ostentato sul palco ha invaso passerelle e servizi di moda, infiltrandosi anche nei videoclip e nell’ Haute Couture. Mantiene inalterato il suo carisma anche se la tendenza è quella di scoprire sempre di più corpi modificati, tatuati, mutati.

La musica rock degli anni settanta era un inno alla nudità con Iggy Pop, Mick Jagger e David Bowie: era una nudità sexy e selvaggia, enfatizzava la brama di sovversione di quei tempi. Inoltre anche Jim Morrison, ritenuto l’icona sexy del rock, non ostentava a mostrarsi a dorso nudo: in particolare su una fotografia che ha fatto di oggi simbolo del rock, si pone in una posizione crocifissa dai suoi capelli riccioluti e scompigliati e in un paio di pantaloni di pelle nera aderenti.
Erano gli anni in cui la moda aveva già digerito il nude look di Yves Saint Laurent del 1967, gli abiti degli hippies con tutte le loro trasparenze e, soprattutto, le minigonne e gli hot pants.
Poi negli anni Ottanta, la musica si è spogliata sempre di più, con Billy Idol, Freddy Mercury, Prince e George Michael in “I want yuor sex.”
In pieni anni Ottanta, la drammatica presa di coscienza del virus HIV provoca un shock totale e una forte inversione di tendenza. Questo coincise con un cambiamento brusco negli stili vestimentari sia maschili che femminili, che divennero improvvisamente più provocanti.
La musica rock e quella pop si rivestono: la moda continua ad essere sexy e ‘vedo non vedo’, ma non propone più il nude look integrale.
Fu allora che si diffuse la moda della gomma, della pelle, degli indumenti sportivi attillatissimi, del design estremo di Azzedine Alaia. Un tipo di abbigliamento che voleva suggerire l’idea dell’armatura difensiva che invitava al voyeurismo ma ne vietava il contatto.
E’ l’apoteosi dell’esibizionismo habillé, anche se rimane un’impostura da guardone. Persino Madonna, che ha spesso giocato con la nudità quand’era esplicita, ne ha sempre fatto un uso moderato, come c’è da aspettarsi da una diva sicura di sé.
Nel minimalismo anni novanta la nudità trionfa nettamente nella moda. La musica assume dei valori diversi, e non sente più il bisogno di spogliarsi. I primi anni novanta sono caratterizzati da un design che accentua l’uso decorativo del corpo, come suggeriscono le splendide creazioni di Ferrè, Versace, Jean Paul Gaultier e Vivienne Westwood.
Dopodiché cambia tutto: la profonda crisi socio-economica mette una volta per tutte al top della moda il gusto minimalista. Il corpo allora non ha più un valore fisico, ma diventa liscio, eccentrico, depilato ed eternamente giovane, completamente celebrale.
Nel vissuto la gente guarda un corpo esibito come un contenitore di concetti celebrali, un corpo quasi senza materialità.
I designer creano abiti diafani, come se i vestiti stessero sotto la pelle, usando pellicole artificiali fatte di fibre sintetiche.
Nella nuova moda il gusto per la vita ‘reale’ nuda e cruda ha cessato di dare un’immagine sexy del nudo umano, perché i corpi in mostra non hanno nulla di carnale. Corpi nudi e pelle offrono altro che un’alternativa agli abiti.
L’anoressia si fa moda, dando un’idea dell’estetica sia femminile che maschile praticamente intercambiabili.
Mentre nel corso del decennio la musica rock si riveste, mentre la moda e la sua comunicazione si denudano in una spoglia ricerca di nuove espressioni sempre più vicine alla vita dei comuni mortali.



















































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